Appoggio Internazionale a “Israele”

Dalla sua nascita l’entità sionista si è evoluta, a suon di guerre e massacri, nella prima forza militare in Medio Oriente e tra le prime 20 nel mondo.
Questo successo è esclusivamente il risultato delle forti amicizie che ha formato con le potenze occidentali.

I leader occidentali hanno da sempre appoggiato pienamente la creazione di un regime di apartheid coloniale israeliano a spese del popolo palestinese. Il presidente degli Stati Uniti Truman è stato il primo leader mondiale a riconoscere l’entità sionista quando è stata creata nel ’48.
La decisione era, e rimane tutt’oggi, guidata da considerazioni che nulla centravano con l’allora recente olocausto e con i trattati di Parigi che sancirono la fine della seconda guerra mondiale, ma era puramente dettata da freddi interessi strategici.

“Israele” avamposto strategico degli interessi occidentali in medioriente

Proprio mentre la guerra fredda tra Unione Sovietica e Stati Uniti stava iniziando a prendere forma, questi ultimi presero il sopravvento sulle potenze europee indebolite dalla seconda guerra mondiale come principale mediatore occidentale in Medio Oriente. Non a caso.

La regione, con le sue enormi riserve petrolifere e i corsi d’acqua strategici (si pensi al Canale di Suez che oggi gestisce il 12% del traffico merci globale e il 30% del traffico di container), era un campo di battaglia fondamentale per costruire la propria egemonia sulle superpotenze mondiali, ed in particolare in chiave di contenimento dell’influenza sovietica come successe in quasi ogni angolo del mondo.

Da lì gli Stati Uniti in testa e tutti gli altri paesi occidentali dietro si sono sempre schierati senza se e senza ma con l’entità Sionista contro tutto il mondo arabo, nel contesto più grande della guerra fredda prima e delle successive numerose guerre in Medio Oriente poi; sia quelle arabo-israeliane dove significativo è il ruolo che gli Stati Uniti hanno avuto direttamente nei conflitti e nei successivi processi di pace, che in quelle direttamente portate avanti dagli USA e dalla NATO nella regione.

Gli enormi finanziamenti del mondo occidentale all’entità sionista (solo gli USA foraggiano l’entità sionista con un investimento annuo pari a circa 4 miliardi) si spiegano nel ruolo che questi ha nella regione come cane da guardia armato degli interessi occidentali per tenere sotto scacco i rivali storici non allineati a tali interessi, la Russia e gli alleati nell’area Iran, Siria, Yemen e Hezbollah.

Il mondo occidentale sostiene quindi l’apartheid di “Israele” a causa dell’influenza e nel potere passato e presente di quest’ultima contribuendo alla supremazia occidentale nella regione dalla fine della seconda guerra mondiale e per permettere l’instaurazione di regimi fantoccio e furti di risorse naturali.

Ma i luminari dei valori illuminati occidentali e del rispetto dei diritti e delle leggi internazionali continuano da 75 anni con un sostegno così spudoratamente vergognoso all’oppressore occupante solo a garanzia degli interessi capitalistici e del “libero mercato” in Medio Oriente?

Aldilà delle alleanze a livello di difesa militare, l’entità sionista nei decenni ha costruito una solida rete di accordi e scambi diplomatici, commerciali, militari, accademici e di molte altre forme di collaborazione internazionale.

“Israele” come laboratorio di oppressione

Dato la sua nascita come insediamento coloniale contro tutto e tutti e il regime di apartheid imposto nei territori occupati, l’entità sionista ha fatto della Palestina il più grande carcere a cielo aperto del mondo nonché un enorme laboratorio per la sperimentazione delle più avanzate e atroci dottrine e pratiche di intervento militare e politiche di oppressione e controllo securitario sul nemico interno.

Fabbrica di guerra e controllo

Questo primato in campo bellico ha portato negli anni ad una forte penetrazione nel mercato internazionale dei sistemi di guerra progettati e prodotti dall’entità sionista facendone tra i primi 10 esportatori di armi nel mondo.

Oltre alle armi, l’industria israeliana è diventata leadership mondiale anche nella produzione e commercio di elettronica avanzata, tecnologie per le guerre cibernetiche e di intelligence, droni di guerra e di sorveglianza (utilizzati ad esempio dalle agenzie dell’UE nel dispositivo militare anti-migranti).
E ancora nell’esportazione di prodotti per la “sicurezza interna” dei paesi troviamo barriere ad alta tecnologia, sistemi di identificazione biometrica, sistemi anti-intrusione, strumenti di sorveglianza audio/video, intelligenza artificiale applicata, sistemi di schedatura.
E ancora strategie di guerra asimmetrica, tattiche di privazione sistematica di risorse naturali e alimentari, sistemi di interrogatorio (leggi “tortura”) dei prigionieri.
La lista potrebbe essere lunghissima.

Tecnologie utilizzate in larga parte nei centinaia di checkpoint che dividono i territori occupati, pratiche e saperi testati sui palestinesi e rivenduti al mondo grazie al “successo” avuto in patria.

ansa.it – Dati dal 7 Ottobre 2023 al 1 Aprile 2024

I saperi asserviti alla guerra

Un ruolo chiave nella ricerca e sperimentazione di nuove armi e pratiche di oppressione e guerra è ricoperto da quasi tutte le università israeliane, pubbliche e private. Le istituzioni accademiche costituiscono uno dei pilastri del sistema politico-militare-securitario israeliano.

Scuole, istituti, centri di ricerca e laboratori scientifici contribuiscono attivamente allo sviluppo di nuove tecnologie in coordinamento con l’industria militare propria e con i dipartimenti dell’esercito che operano per il suo sviluppo.

Un ufficiale dell’unità di intelligence militare dell’IDF in una scuola superiore israeliana

Ed anche in questo campo i programmi di cooperazione internazionale sono ramificati in tutto il mondo: l’Italia vanta svariati accordi in ambito accademico e della ricerca avviati dal CNR, dall’ISS, dagli istituti di ricerca privati e da numerose università italiane, nonché laboratori e centri di studi congiunti italo-israeliani, volti ad incentivare lo sviluppo nel campo della bioinformatica, bioingegneria, biotecnologia, nanotecnologia e molte altre discipline vicine al settore della ricerca militare e del dual-use.

Inoltre il sistema accademico israeliano contribuisce alla costruzione delle basi culturali e ideologiche del sionismo e dell’apartheid del popolo palestinese che vengono anch’esse “esportate” con accordi intergovernativi in campo culturale che si concretizza nella comune realizzazione di programmi di sensibilizzazione e informazione con particolare attenzione alla scuola pubblica, nell’ottica di una pianificazione della didattica che sia funzionale alla riproduzione ideologica del consenso generalizzato attorno allo stato ebraico.

Un modello internazionale

La natura dello stato sionista è quella di uno stato in guerra, per questo ogni aspetto della società si sviluppa in funzione ad essa.

Una macchina, o meglio un carroarmato, statale fortemente ideologizzato, intriso di orgoglio nazionalista e razzismo, connotato da una vera e propria “cultura della guerra” che permea ogni strato della società civile nutrendosi della costruita paura della “minaccia araba” a compimento di un lucido piano di mistificazione. Una manovra culturale condizione necessaria per giungere alla diffusa accettazione di un perenne stato di guerra.

Esso rappresenta, nella fase attuale, un modello per le potenze imperialiste di relazione tra capitale privato e stato al servizio della guerra, un modello di gestione della società in termini di egemonia e dominio, necessari per garantirsi il controllo sociale in funzione dello sviluppo coloniale e dell’espansione sul fronte esterno.